2011-09-19

La scuola Cenerentola


Il 12 settembre si sono riaperte le scuole quasi in tutte le regioni.
Come sempre i quotidiani, che di scuola si occupano poco, hanno sentito il dovere di ospitare qualche articolo di circostanza. Stanco rito.
Scontate, perlopiù, anche le cose scritte.

Dopo una settimana la scuola torna nel dimenticatoio.
Rinverdiamo la memoria.

Marco Rossi Doria su La Stampa ha ricordato i tagli del governo. "Otto miliardi in tre anni. (...) Siamo a 4,2% del Pil investito in istruzione, penultimi in Europa. E il Def prevede di far scendere gli investimenti alla scuola fino al 3,4% del Pil. La media Ocse è 5,7%. (...) Il governo ha operato una scelta folle. Che l'Italia non aveva mai fatto. Né quando, poverissima, iniziò la sua vita di nazione cento cinquanta anni fa, né durante le crisi e le guerre dello scorso secolo. Mai. Perché l'investimento in istruzione contribuisce grandemente allo sviluppo."

Questo calo progressivo di investimenti per l'istruzione risulta anche più drammatico se si comparano i dati appena pubblicati nel rapporto Education at a Glance 2011 (download pdf) dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.
Nel 2008, l’Italia ha speso il 4,8% del PIL per l’istruzione, ovvero 1,3 punti percentuali in meno rispetto al totale OCSE del 6,1% (posizionandosi al 29 posto su 34 Paesi) (Tabella B2.1). Attenzione! I dati sono relativi al 2008 e la situazione è peggiorata nettamente negli ultimi tre anni dopo i feroci tagli della Gelmini.
Nessun altro governo ha fatto altrettanto. Le conseguenze le conoscono bene insegnanti, studenti e genitori.

Giorgio Israel su Il Messaggero è tornato sui temi del merito e del rigore.
Scrive: "Il costruttivismo pedagogico, se aveva il torto di privilegiare i metodi sui contenuti, definiva i suoi principi sul piano culturale. Invece ora siamo alla mitizzazione delle tecniche."
Per certo malinteso costruttivismo non ha torto. Peccato che la scuola italiana, abbia un'impronta - anche se abbastanza inconscia - più behaviorista (comportamentista) e cognitivista che costruttivista.
Poi si chiede:
"Migliorare la qualità dell'insegnamento? Con una pioggia di Wi-Fi e di lavagne multimediali (...) Cosa vi sia "dentro", pare che sia irrilevante. Migliorare la qualità dei testi di matematica o di storia? Pare che non interessi parlare dei contenuti di manuali abborracciati, pieni di errori, (...)"
Messa così ha ragione. Ma il primo vero problema è che la maggioranza degli insegnanti hanno accettato l'introduzione dei computer nella scuola (pochi e mal funzionanti) torto collo e non hanno mai davvero imparato ad utilizzarli come "strumenti" della didattica. Così come prima (e tuttora) si affidavano (e affidano) a libri di testo scadenti allo stesso modo si lasciano imporre software didattici risibili.

"Nel corso dell’anno scolastico 2011-2012, le istituzioni scolastiche saranno chiamate per la prima volta ad adottare, per il successivo anno scolastico, libri digitali o misti in sostituzione dei tradizionali libri cartacei". Questo sta scritto sul sito ministeriale, e sembrerebbe una rivoluzione. Ma quel o misti la dice lunga. C'è da scommettere che tutto si risolverà con il solito libro di testo riciclato nel quale verrà inserito un mediocre CD. Con buona pace però dei profitti delle case editrici.
Il fatto poi di acquistare libri "digitali" uguali per tutti è un inutile spreco, per chiunque conosca il significato della collaborazione in rete.

Israel lamenta, giustamente, l'inadeguatezza dei contenuti. Eppure ci sono comunità di docenti e istituti che hanno prodotto e producono eccellenti programmi - per lo più freeware, tra l'altro. Un enorme serbatoio di materiali a disposizione di chiunque voglia farne uso o semplicemente trarne spunto per elaborarne di migliori.
Scadente, troppo spesso, è quello che proviene dagli enti ministeriali e dalle editrici commerciali.
Gli insegnanti che giusto 20 anni fa introducevano nelle scuole i computer di nuova concezione (i mitici Amiga 500, evoluti successori dell'altrettanto mitico Commodore 64, con interfaccia grafica a colori user-friendly e prestazioni concorrenziali a quelle del ben più costoso Mac) ne facevano un uso non meramente addestrativo e tanto meno ludico (se per ludico si intendono i videogame sparatutto).
Al centro stava, appunto, la qualità dei contenuti oltre all'aspetto creativo, legato, alle potenzialità di manipolazione dell'immagine. Ad esempio De Bartolomeis, pedagogista dell'università di Torino, aveva raccolto intorno a sé un gruppo di lavoro impegnato in questa direzione e gli insegnanti ispirati al Movimento di Cooperazione Educativa trasferivano le didattiche della pedagogia di Freinet (la tipografia in classe e l'autoproduzione di giornalini e libri) nelle nuove tecnologie, mai intese come "fine", ma sempre come "mezzo".

Il Dialogo sulla Scuola che insegna a vivere sul Corriere tra Cesare Segre, grande filologo e critico, ed una studentessa liceale aggiunge poco di nuovo. Belle parole di saluto quelle dell'anziano intellettuale, considerazioni appropriate quelle della studentessa.

Un articolo del sempre ottimo Tullio De Mauro su L'Unità Scuola: ha fatto l'Italia, può renderla multiculturale sposta il fuoco sul multiculturalismo. Accenna inoltre ad un tema caro all'autore, quello della lettura, della comprensione testuale e dell'analfabetismo di ritorno, per spezzare una lancia a favore della scuola.
Scrive a proposito dei "dati periodici che l’OCSE accerta e diffonde ogni tre anni sulle capacità di comprensione di testi tra i quindicenni. Alti lai perché il 40% dei ragazzi mostra difficoltà di comprensione. Certo, bisognerà che migliorino. Ma attenzione: gli adulti con analoghe difficoltà, tra i 18 e i 65 anni, non sono il 40%, sono una percentuale che, secondo l’ultima indagine comparativa internazionale, raggiunge e supera l’80%. Il doppio dei ragazzi a scuola. Se la scuola registrasse meccanicamente le (in)competenze degli adulti dealfabetizzati e non leggenti, le percentuali OCSE dovrebbero darci l’80% di ragazzi in difficoltà. Il 40% di scarto esprime l’enorme lavoro in salita che la nostra scuola sa fare e fa."

Il ministero ha dato i numeri.
Nell'anno scolastico 2011-2012 gli alunni iscritti sono, in totale, 7830650 così suddivisi:
- scuola dell’infanzia : 1.021.483 alunni;
- scuola primaria: 2.571.949 alunni;
- scuola secondaria di I grado: 1.689.029 alunni;
- scuola secondaria di II grado: 2.548.189 alunni

Il numero medio di alunni per classe è 22
Le classi con più di 30 alunni sono lo 0,6%
Le classi con meno di 12 alunni sono il 4%

Le cifre sulla scuola raccontano una verità parziale. Quando si afferma che in Italia la media di alunni per classe è di 22 non si tiene conto che ad abbassarla sono il 4% delle classi con meno di 12 alunni (quelle di montagna, di campagna, delle isole). Nelle città la media effettiva si aggira intorno ai 30 alunni.
Una scuola con pochi insegnanti, classi sovraffollate, mezzi economici insufficienti e in calo costante, non può garantire alti standard educativi.
Se a questo si aggiunge la piaga del precariato cronico e la demotivazione di molti insegnanti impossibilitati a mantenere il livello qualitativo del proprio impegno, il quadro peggiora.

(dal Corriere) clicca sull'immagine per ingrandirla
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