2010-12-20

L'importanza di chiamarsi Presidente

Dal Presidente degli Stati Uniti al Presidente del Copasir - nessuno sapeva cosa fosse fino a quando il baffino nazionale, Massimo D'Alema, non ne è diventato Presidente - l'aspirazione a presiedere accomuna le più diverse personalità. L'uomo di valore - ma anche la donna, vedi la Marcegaglia - vuole fermamente una presidenza qual che sia. C'è chi è orgoglioso di essere diventato "Presidente" di un consiglio scolastico o anche solo di una assemblea di condominio.
Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, Presidente del Senato o della Camera, Presidente di Commissione, Presidente del Consiglio di Amministrazione, Presidente di Regione, di Provincia, di Partito, di squadra sportiva, di giornale, di scuderia automobilistica, di museo, dell'Aci, dell'Arci, dell'Ospedale, delle Ferrovie, della Borsa, della Banca, della Rai, della Cei (sia come Comitato Elettrotecnico Italiano sia come Conferenza Episcopale Italiana), del diavolo che ci porti... purché Presidente.
Se sei un Presidente importante hai sempre qualcuno intorno che ti apre porte e portiere, ti sussurra "Presidente", sorride compiaciuto, si occupa dei tuoi bisogni primari e secondari. Il presidente si muove leggero tra corridoi silenziosi, circondato da collaboratori discreti. Siede su comode poltrone, da udienza in uffici lussuosi agli ultimi piani degli edifici, alloggia nelle suite prestigiose degli hotel. Il Presidente presiede, ascolta, prende la parola tra la rispettosa attenzione degli astanti, firma delibere (firmare è una delle sue attività prioritarie).
Ci sono individui che nella loro vita fanno collezione di presidenze. Luca Cordero di Montezemolo, ad esempio, si dice sia stato Presidente, fin da piccolo, della sua sezione di Giovani Esploratori; un Lupetto prodigio.
Ci sono infine Presidenti emeriti che conservano le prerogative presidenziali pure non essendo più in carica, come il diritto a viaggiare su aerei di Stato.
Il più rappresentativo tra loro ci ha lasciato da poco. Si chiamava Kossiga e sbroccava con una certa fequenza. Nella sua lucida follia talvolta si lasciava sfuggire cose sacrosante apprese durante l'esercizio del potere. Ebbe a dichiarare: "Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand'ero ministro dell'Interno. (...) Lasciarli fare [gli studenti]. Ritirare le forze di Polizia dalle strade e dalle Università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di Polizia e Carabinieri. Nel senso che le forze dell'ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare anche quei docenti che li fomentano. Soprattutto i docenti. Non dico quelli anziani, certo, ma le maestre ragazzine sì... questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l'incendio."
Così Gasparri, forse ricordandone le parole, ha ammonito: "Le manifestazioni studentesche sono frequentate da potenziali assassini. Vanno evitate."
Però non si può terminare senza citare almeno uno dei Presidenti attuali, ricco sfondato. Rivela WikiLeaks quanto scrive di lui un eminente diplomatico americano: "La sua vittoria è stata segnata da forti proteste di piazza.... le sue risposte a domande talvolta spigolose hanno dato luogo alle risposte bizzarre di un uomo chiaramente disturbato. (...) ha detto a una giornalista che il suo terzo mandato non sarebbe stato l’ultimo. Ciò chiaramente dimostra che vuole rimanere al potere per tempo indefinito".
Cosa avete capito sciocchini! Si tratta di Aleksandr Lukashenko, Presidente della Bielorussia, rieletto oggi con l'80 per cento delle preferenze tra arresti degli oppositori e accuse di brogli.
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