2005-11-17

Studenti in strada

ragazza e carabinieriTANO D'AMICO - RAGAZZA E CARABINIERI, ROMA 1977 fotoinfo.net

"Cortei studenteschi si sono snodati stamattina per le strade di oltre 70 città italiane nell'ambito di una giornata di mobilitazione mondiale per rivendicare il diritto al sapere per tutti e una maggiore autonomia sociale degli studenti" reuters.it

«La scuola è nostra, la scuola siamo noi» sostiene Filippo rappresentante degli studenti milanesi. Ha ragione come avevano ragione tutte le generazioni di studenti che hanno sempre manifestato per giuste cause, talvolta tollerati, più spesso repressi, sempre ignorati. Sono contro la Moratti come ieri erano contro Berlinguer, l’altro ieri contro la Falcucci e domani saranno contro il ministro dell’istruzione di Prodi – augurandosi che Prodi vinca le elezioni. È naturale, guai se così non fosse, come è naturale che spesso non si capisca bene cosa vogliono e vengano strumentalizzati ora da questo ora da quel furbo di passaggio. Loro, gli studenti, saranno sempre lì, nelle strade, a gridare slogan sempre diversi e sempre uguali, con le loro belle facce giovani, allegre o truci, dolci o piene d’odio, carichi di voglia di vivere, voglia di divertirsi, voglia di cambiare dalle radici questo mondo adulto che fa tanto schifo. La scuola, finché scuola ci sarà così come la conosciamo noi, sarà estranea e nemica. A sentire gli studenti attuali così poco politicizzati, così propensi a ripeter ritornelli confezionati da altri mentre la maggioranza tace, come se non volesse lasciarsi stanare dal cerchio mimetico del gruppo, cascano un po’ le braccia. Non è che nel mitico ’68 le cose andassero poi tanto meglio, ma non mancavano le prospettive. Di straordinario c’era l’incontro tra operai e studenti per la rimessa in causa dell'ordine sociale [1]. Nel 2005 in Italia cosa si può pretendere da questi post adolescenti privi di avvenire? Non ci sono movimenti, grandi ideali da difendere, un futuro per il quale battersi. C’è solamente una non-riforma Moratti che li manda a fare gratis lavoretti inutili (tipo fotocopiare) nelle aziende spacciando la cosa come “formazione scuola-lavoro”. Tragicomico come tragicomica è in generale la scuola italiana, soprattutto quella che si paluda da scuola tradizionalmente severa e carica gli studenti di saperi obsoleti che difficilmente serviranno a qualcosa. Strillano i docenti: otto licei! Ma chi e ne frega se i licei sono due, otto o quindici. Il problema sono i programmi assurdi e gli insegnanti per lo più scarsamente preparati, ed incapaci a comprendere dove sia diretto il mondo.

[1] 1968, quando studenti e operai fraternizzavano
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