2005-06-07

Pià pr’al cü

Cari padani,
mica che ci stanno sfottendo?
O questi non si ricordano quello che hanno detto o se ne ricordano benissimo, ma sono dell'idea che i sudditi padani siano tutti ciula.

Maroni and company vaneggiano di ritorno alla lira, ma vediamo un po' cosa dicevano prima...
Vi propongo due gustosi articoletti: uno dal Corriere della Sera di Mario Monti, l'altro da il manifesto Torniamo all'euro padano di Alessandro Robecchi. Divertitevi!

Quando Bossi voleva la Padania nell’euro
di Mario Monti

Roberto Maroni propone un referendum per il ritorno alla lira. Roberto Calderoli accusa il Presidente della Repubblica di essere «uno di quelli che ha spinto perché il nostro Paese entrasse a tutti i costi nell'euro. Oggi è dura accettare una sconfitta, che però va accettata». Dopo la presa di distanza del Presidente del Consiglio, Calderoli precisa che il suo attacco non era rivolto al Presidente della Repubblica ma, insiste, «ai veri responsabili di questa situazione, Romano Prodi e il centrosinistra».
Sarebbe far torto ai due ministri non prendere sul serio le loro dichiarazioni. E sarebbe far torto ai lettori non ricordare quale fosse la posizione del partito, del quale i due ministri sono esponenti di spicco, nella fase delle difficili decisioni sul varo dell’euro. Ho ricordi precisi di quella fase, che vissi da Bruxelles. Nell’agosto 1996 in vista della dichiarazione di indipendenza della Padania e della formazione del Governo padano — avvenute a Venezia il 15 settembre—Umberto Bossi scrive al Presidente della Commissione europea Jacques Santer, chiedendo indicazioni su come far aderire la Padania all’Unione economica e monetaria fin dall’inizio, previsto per il primo gennaio 1999.

Qualche tempo prima (3 marzo 1995), in una dura dichiarazione all’Ansa riguardante Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, Roberto Calderoli si era riferito alla lira come «la nostra moneta ridotta a carta straccia». Il 2 settembre 1996 il portavoce di Santer dichiara inammissibile la richiesta di Bossi di far entrare nell’euro la sola Padania. Il 17 giugno 2001 — due anni e mezzo dopo la nascita dell’euro — nel suo intervento di Pontida Umberto Bossi afferma: «Per quel che ci riguarda, se la lira non fosse entrata nell'euro, allora non sarebbero fallite soltanto le grandi imprese italiane, ma anche le piccole imprese perché il costo del danaro e l’inflazione sarebbero saliti alle stelle e sarebbe sopraggiunta la frantumazione dello Stato italiano, cioè la secessione. Noi avevamo coscienza che se gli avvenimenti fossero andati in quel modo avremmo dovuto immediatamente indirizzare il processo politico verso uno Stato nazionale padano per garantirci la democrazia».


Torniamo all'euro padano

ALESSANDRO ROBECCHI
E' proprio vero che non bisogna mai buttare niente. Così, mi ritrovo per le mani un ritaglio di qualche tempo fa, custodito ma dimenticato per anni nella cartellina «cazzate». E' una bozza della Costituzione Transitoria della Repubblica Federale Padana, una grandinata di maiuscole per nove articoletti che dovevano creare l'ossatura della Repubblica del Nord, finalmente sganciata da Roma ladrona e fiondata verso il suo luminoso futuro. Erano i tempi dell'anelito di indipendenza della Padania che aveva colpito i dirigenti della Lega. Riporto qui integralmente l'articolo 5 (incongruamente scritto in italiano), che recita così: La Lira Padana assume corso legale in Padania. Dunque, la prima domanda per agganciarsi alla stretta attualità è semplice e immediata: a quale lira vuole tornare il ministro del lavoro Maroni, alla vecchia lira italiana o alla lira padana? Comma due dello stesso articolo: Il Governo Provvisorio della Padania determinerà i rapporti di cambio con la lira italiana e le altre monete. L'idea di vedere Maroni e Calderoli seduti in una sala della Bce a discutere di tassi di cambio è quasi irresistibile. Scopro invece, con un po' di delusione, che Maroni vorrebbe tornare alla lira vera, quella italiana, che persino Borghezio chiama ora «cara vecchia lira». La soluzione prospettata dal Maroni è semplice: dare voce al «popolo sovrano» (sic), cioè fare un referendum, cosa che con l'attuale costituzione non è possibile. Dunque si tratta di questo: aria fritta, parole in libertà e depistaggio. Il peggior ministro del lavoro che l'Italia (non la Padania) abbia mai avuto cerca di alzare un polverone per cavalcare l'astio di un popolo impoverito (anche) dalla sua indefessa opera. In ogni caso sarebbe interessante - per puro ghiribizzo - provare a calcolare quale tasso di cambio riusciremmo a strappare se dall'euro volessimo tornare alla lira. Visti i nostri conti, il nostro debito pubblico e gli interessi sul debito, sarebbe certamente una rapina. Dunque una volta tornati alla lira, isolati in un continente che ragiona in euro, saremmo messi più o meno come l'Albania, e ci troveremmo davanti all'urgenza di tornare all'euro. Altra trattativa sul cambi e altra rapina: questo Maroni è davvero un genio. Lasciando da parte gli scenari teorici, però, va detto che il richiamo al «popolo sovrano» è sempre affascinante. Riportano le cronache di questi giorni che un 5% di italiani detiene il 32% della ricchezza del paese. Una decina di anni fa lo stesso 5 per cento di italiani deteneva «appena» il 27% della ricchezza complessiva. Il calcolo è elementare: pochi italiani si sono arricchiti e molti (il 95%) si sono impoveriti. Logica vorrebbe che quando questi geni dell'economia che ci governano verranno rispediti a casa, il «popolo sovrano» decidesse a chi rivolgersi per riassestare i conti. Un bel referendum potrebbe porre questo quesito: «Volete voi popolo sovrano che quel cinque per cento restituisca il malloppo con gli interessi?». A occhio e croce i sì dovrebbero arrivare al 90 per cento, tutti italiani convinti che più che tornare loro alla lira, sarebbe un po' di lira a dover tornare a loro. Maroni (e Rutelli) potrebbero sempre astenersi.

Del resto, è comprensibile l'ansia del ministro Maroni di trovare un unico e solo colpevole delle sfighe economiche degli italiani. Se tutti guardano all'euro, pensa astutamente, nessuno penserà all'impoverimento della popolazione - e segnatamente dei giovani - garantito dalla riforma del lavoro che porta il suo nome. Milioni di italiani che hanno un orizzonte di sicurezza sociale (ah! ah!) di tre-sei mesi. Milioni di italiani per cui un prestito, un mutuo, persino un contrattino d'affitto, una convivenza o un matrimonio, per non dire fare dei figli, sono un miraggio lontano, una cosa da ricchi, sia in euro che in lire. Al ministro Maroni dunque serve urgentemente un capro espiatorio: un bel pogrom anti-euro. In nome - ci mancherebbe! - del popolo sovrano. Che sarebbe, per inciso, lo stesso popolo sovrano a cui la Lega sta chiedendo in questi giorni di astenersi ai referendum del 12 giugno.
© Il copyright degli articoli è libero. Chiunque può riprodurli, purché il testo sia seguito dall'indicazione: “tratto da http://notizieoggi.blogspot.com”. Fotografie, immagini e video presenti su Giornale-notizieoggi sono, quando non autoprodotti, prelevati da Internet, quindi considerati di pubblico dominio. I soggetti o gli autori, qualora lo ritengano, possono comunque richiederne la rimozione.

Questo BLOG non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001
 
>>>